Musica e impatto sociale, dal welfare aziendale un rilancio possibile

La Civica Scuola di Musica Claudio Abbado di Fondazione Milano, con il contributo di Fondazione Cariplo, nei primi mesi del 2018 ha coinvolto le scuole e le istituzioni educative musicali pubbliche e private cittadine in una ricerca sui bisogni, le attività e le prospettive dell’educazione musicale per i giovani dagli 8 ai 13 anni nel territorio milanese. L’indagine è stata condotta dalla società di ricerca Innovation Team – Gruppo MBS Consulting ed è stata presentata a Milano  il 22 maggio a personalità delle istituzioni pubbliche, delle istituzioni educative e della cultura musicale.

La ricerca ha coinvolto 22 istituti sui 59 pubblici e privati operanti nel territorio considerato (37% del totale). Il campione è equamente distribuito per tipo di istituzione: 11 scuole pubbliche e 11 private. Per quanto riguarda l’anzianità, la maggior parte delle strutture (63,6%) è attiva nell’educazione musicale da più di dieci anni, il 36,4% da meno di dieci.

La musica come leva di inclusione sociale. Nell’indagine emerge chiaramente l’importanza riconosciuta dalle scuole musicali rispetto al loro ruolo ed impegno sociale; ciononostante ancora 2/3 degli istituti intervistati non attuano alcun programma specifico di inclusione a beneficio di soggetti economicamente deboli e migranti. In questo senso risulta necessario:

  • Facilitare l’accesso all’educazione musicale, soprattutto in ambito privato, attraverso un sistema che preveda rette agevolate per famiglie in condizioni economiche critiche.
  • Strutturare percorsi “ad hoc” di inclusione sociale da inserire nell’offerta formativa. Le realtà educative più efficaci ed attive evidenziano molteplici progetti rivolti al tessuto sociale di riferimento come cori, musical o orchestre di comunità. Si tratta di veri e propri laboratori di inclusione sociale che permettono di recuperare giovani in difficoltà o far incontrare le diverse anime di una stessa zona cittadina, spesso difficilmente conciliabili.
  • Attivare collaborazioni e confronti continui tra scuole musicali e soggetti del terzo settore, su specifici progetti di inclusione sociale di giovani (anche NEET) e sviluppo dei percorsi di musicoterapia (quest’ultimi poco utilizzati dal campione intervistato).

Principali evidenze emerse. L’aumento della domanda di educazione musicale da parte delle famiglie è l’aspetto più positivo che emerge dall’indagine. Rispetto a quest’area si ricava la necessità di attivare rapidamente quattro linee di intervento:

  • Curare e monitorare in modo sistematico il “dopo” degli studenti. Oltre 2/3 dei ragazzi non continua gli studi musicali (né nei licei musicali, né nei conservatori, né in scuole private), cosa che evidenzia una bassa capacità di coinvolgimento della proposta educativa attuale sul lungo periodo.
  • Sostenere l’ampliamento delle dotazioni soprattutto in ambito multimediale – digitale, che oggi risultano chiaramente inadeguate: l’informatica musicale è assente in oltre il 90% delle scuole intervistate.
  • Investire sulla preparazione tecnico-musicale dei docenti e sulle competenze in ambito tecnologico. L’importanza assegnata dalle scuole alla preparazione tecnica e l’autovalutazione negativa sulle performance pratiche degli studenti risulta evidente dalla ricerca ed apre spazi per un rafforzamento del corpo docente su aspetti più pratici e meno di metodo.
  • Aprire a nuove fonti private di finanziamento, ad oggi pochissimo sviluppate. Il modello gestionale attuale resta infatti tradizionale, con una netta separazione tra sistema pubblico e privato e tra le fonti di finanziamento: da un lato la spesa pubblica e dall’altro le quote di iscrizione delle famiglie. Risulta evidente come la carenza di risorse pubbliche richieda di favorire maggiormente l’incontro con il mercato. Un’opportunità da cogliere è il welfare aziendale, oggi sostenuto da incentivi fiscali. Le imprese possono infatti sostenere l’educazione musicale in diversi modi: con le classiche sponsorizzazioni, promuovendo iniziative culturali in azienda e nel territorio, ma soprattutto supportando la spesa educativa e culturale delle famiglie dei loro lavoratori attraverso i voucher di welfare. Una collaborazione con i fornitori di servizi di welfare e con le piattaforme di welfare aziendale non è solo quindi auspicabile, ma dovrebbe essere una precisa responsabilità da assegnare ai dirigenti scolastici.