Non è l’incremento di produttività la leva che spinge un’azienda a varare iniziative di welfare aziendale, né il solo contenimento del costo del lavoro o l’utilizzo di vantaggi fiscali previsti dalle recenti normative. E’ un insieme di fattori in cui spicca la volontà di migliorare il clima aziendale e la soddisfazione dei lavoratori. A dirlo è l’indagine Welfare Index PMI promossa da Generali Italia e realizzata su 3.422 imprese da Innovation team, società del gruppo MBS Consulting.
La ricerca individua dieci possibili obiettivi. Oltre all’obiettivo di migliorare la propria “immagine” e accrescere il valore del brand (cosa che in scala da 1 a 10 riscuote una media di 4.44), a prevalere è la necessità di sostenere sul lungo periodo il successo aziendale (4.40 di media) e di migliorare il clima aziendale e la soddisfazione degli addetti (4.40 di media).
Nessuno di questi obiettivi, tuttavia, discrimina in senso tecnico la scelta. Le valutazioni di importanza di ciascuno di essi sono infatti tra loro molto correlate. Ciò significa che le imprese che hanno dato valutazioni di importanza elevata l’hanno fatto tendenzialmente per tutti gli obiettivi del welfare aziendale. In particolare un’impresa su quattro attua iniziative di welfare perché ritiene che siano molto importanti o fondamentali per l’intero arco degli obiettivi aziendali.
Welfare negoziale solo in un caso su cinque. Un fattore che differenzia notevolmente le imprese è il modo in cui esse decidono le iniziative di welfare. Nella maggioranza dei casi (60%) le decisioni vengono prese dai responsabili aziendali senza alcuna forma di coinvolgimento dei lavoratori. Nel 22,6% dei casi le iniziative sono negoziate con le rappresentanze sindacali. Il 17,4% delle imprese coinvolge direttamente i collaboratori. Una volta prese le decisioni una quota significativa di imprese svolge iniziative di coinvolgimento per la gestione del welfare aziendale: nel 25,8% dei casi con incontri periodici collettivi, nell’8,3% con colloqui individuali.