Sei famiglie su dieci rinunciano alle cure mediche. Per visite specialistiche ed esami diagnostici, ma anche per l’acquisto di farmaci per malattie croniche, il Mezzogiorno ha percentuali di ricorso al sistema privato costantemente più elevate rispetto al Centro e al Settentrione. È una scelta obbligata, dettata dalla indisponibilità o inadeguatezza delle prestazioni pubbliche o dai tempi eccessivi di attesa. Per quanto riguarda la non autosufficienza, l’assistenza è un lusso per pochi, con soluzioni solo per una famiglia su cinque. Quanto poi alla spesa in istruzione, è affrontata con difficoltà da 3 famiglie su 4 (76%). Difficoltà massima nella fascia della debolezza (99%); al Sud le famiglie che affrontano con difficoltà queste spese sono per l’88 per cento. È quanto mette in evidenza uno studio dell’Osservatorio sul bilancio di welfare delle famiglie italiane di MBS Consulting.
Il welfare? È a tutti gli effetti un settore produttivo
Dall’indagine emerge che il welfare, visto dal lato della domanda, cioè analizzato in termini di richiesta delle famiglie, è a tutti gli effetti un “settore produttivo”: vale oggi 109,3 miliardi di euro, il 6,5% del Pil. Il suo volume è pari all’intera raccolta delle assicurazioni vita (102 miliardi) e a più di tre volte le assicurazioni danni (32 miliardi). Di qui la conclusione: va considerato un’area di investimento che offre grandi opportunità di business a imprese e organizzazioni. Da dove si parte? Il quadro dei fabbisogni (e delle rinunce) delle famiglie rivela che il welfare italiano finisce paradossalmente col penalizzare le famiglie economicamente più deboli, le meno strutturate (cioè quelle monogenitoriali con figli a carico) e quelle residenti nel Sud. L’indagine fotografa il welfare da tre punti di vista: sanità, non autosufficienza e istruzione.